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Immagine del redattoreMariella Cesaroni

NEUROESTETICA DELLA MUSICA

Aggiornamento: 8 lug 2021


Sei in macchina, al supermercato, a scuola, a fare shopping...e parte la tua canzone preferita. Oppure sei in cameretta, in ufficio, in soggiorno, in relax su una panchina al parco, a fare yoga oppure hai organizzato un party e stai ascoltando volontariamente, la playlist che hai appositamente personalizzato per l'occasione.

Insomma, per compagnia, relax, concentrazione o distrazione, la musica L’ascolto della musica rappresenta un momento comune della quotidianità. Ti sei mai chiesto perché già dalle prime note si scatenano intense emozioni? Alcuni brani, alcune voci, ci appassionano a tal punto che vorremmo riascoltarle all’infinito. Quali meccanismi entrano in gioco nella scelta di un genere piuttosto che di un altro?

Tutto questo accade perché la musica è in grado di influenzare l’attività cerebrale e, tramite questa, l’intero organismo.


LA NEUROESTETICA

Questa scienza chiamata “neuroestetica” nasce dall'esigenza di comprendere ciò che succede al nostro cervello quando ascoltiamo un brano musicale (o una Voce) ed è mirata a definire i meccanismi biologici situati alla base della percezione estetica (dal greco aesthesis, sensazione), non solo quindi nella musica, ma anche in altre forme d’arte (come ad esempio un dipinto o un monumento). La neuroestetica mira quindi a dare una spiegazione biologica a quelle sensazioni innate che chiamiamo emozioni.   Questo filone di ricerca è nato nel 1994 con i primi studi del neuroscienziato Semir Zeki:


<<Il cervello non può essere studiato solo dal punto di vista anatomico come un insieme di strutture indipendenti tra loro. Esistono delle connessioni (o networks) tra aree cerebrali.
Queste connessioni possono essere evidenziate mediante l’uso di tecniche sofisticate, come la risonanza magnetica con tensore di diffusione (DTI), la risonanza magnetica funzionale (fMRI) e la magnetoencefalografia (MEG).>>

L’ascolto della musica è un meccanismo complesso che unisce il fattore cognitivo a quello emozionale. Da un lato abbiamo il riconoscimento del brano in questione (legato all’attivazione delle aree uditive primarie e secondarie), dall’altro vi è il fattore emotivo ed affettivo, che ci porta ad apprezzare o meno quel determinato pezzo o genere musicale.


DOPAMINA: DAL PIACERE AL BENESSERE

Diversi studi sulle connessioni neuronali (connettomi) hanno dimostrato che sil attivano diverse aree cerebrali durante l’ascolto della musica:

la corteccia frontale e prefrontale,

  • il nucleo caudato,

  • la substantia nigra,

  • il nucleo accumbens,

  • l’ippocampo,

  • l’amigdala.

Le emozioni negative (tristezza, paura)

vedono principalmente l’attivazione dell’amigdala (quella struttura del sistema limbico che gestisce le emozioni, specialmente la paura),

Le emozioni positive (felicità, gioia)

vedono l’attivazione del corpo striato.

I percorsi della dopamina.

L’attivazione di queste strutture non è casuale: sono implicate nel “circuito del reward” (o della ricompensa), sistema responsabile del gradimento, del piacere e dell’apprendimento di uno stimolo gratificante che attiva la produzione di dopamina. Questo è il motivo per cui siamo portati ad ascoltare più volte i brani che ci piacciono: si verifica un rinforzo positivo. L’ascolto di un determinato brano stimola ancora di più questo processo, portando ad un ricircolo che si nutre di se stesso.

Questo neurotrasmettitore non è importante solo per il piacere, ma gioca un ruolo chiave in altri numerosi processi: attenzione, memoria, apprendimento, umore, sonno, funzioni cognitive.

Da qui si può comprendere come la musica, portando all’attivazione di circuiti dopaminergici, vada ad influenzare globalmente l’attività cerebrale ed una serie di atteggiamenti ed azioni.

Ad esempio, la dopamina facilita la formazione di nuove sinapsi a livello dell’ippocampo e di conseguenza permette:

  • il consolidamento della memoria a lungo termine (come la memoria dichiarativa, che rappresenta il nostro “bagaglio culturale”)

  • il mantenimento della memoria di lavoro, la quale ha un ruolo cruciale nell’apprendimento a breve termine e nella comprensione matematica e verbale.

  • la regolazione del ritmo sonno-veglia, stabilizzando il ritmo circadiano ed il tono dell’umore, evidenziando l'importanza clinica dell’effetto benefico e terapeutico della musica nei pazienti che soffrono di forte depressione (dove si ha una riduzione globale di mono-amine, quali dopamina, serotonina e noradrenalina).

Inoltre, ha degli effetti positivi che si riflettono sull’intero organismo: si assiste infatti ai seguenti fenomeni:

  • riduzione della pressione arteriosa (con benefici per cuore, rene e cervello)

  • riduzione dei livelli di cortisolo (riducendo lo stress e migliorando la funzione immunitaria)

  • aumento del rilascio di endorfine (che permette una migliore gestione del dolore, soprattutto in patologie croniche come la fibromialgia e l’artrite reumatoide).

L’ascolto della musica migliora anche le prestazioni fisiche: ad esempio nella corsa, la sincronizzazione tra il ritmo musicale ed il passo permette di prolungare la prestazione e di consumare un quantitativo di ossigeno regolare. Questo permette di migliorare la resistenza fisica e ridurre il senso di fatica (a tal proposito, si parla addirittura di doping sonoro, tanto che negli USA è vietato l’ascolto di musica durante le competizioni sportive ufficiali, come la Maratona di New York).


LA MUSICA MODIFICA IL CERVELLO

Dopo aver visto come incide l’ascolto musicale sul nostro cervello, non deve stupire se suonare uno strumento (o Cantare) abbia effetti ancora più sorprendenti. Nel cervello di un musicista (cantante), nel momento in cui sta suonando il proprio strumento, si andranno ad attivare le aree motrici (per il controllo dei movimenti fini, per esempio delle dita o le corde vocali), le aree uditive (a loro volta connesse con le precedenti), le aree visive (per la lettura dello spartito musicale o del testo), il sistema limbico (per la componente emotiva che accompagna l’esecuzione). È stato dimostrato, non a caso, che il cervello dei musicisti sia diverso da quello di chi non lo è. Questo vale soprattutto se l’apprendimento e la pratica musicale avvengono già da bambini.



Infatti studi di "imaging" hanno evidenziato, in bambini musicisti d’età inferiore ai 7 anni, una maggiore larghezza del corpo calloso (la struttura che collega i due emisferi cerebrali) e un maggior sviluppo delle aree motorie (per esempio, una maggiore raffigurazione delle dita delle mani nell’homunculus motorio, area 4 di Brodmann). Inoltre, questi soggetti sembrano avere un maggiore sviluppo anche delle funzioni esecutive (attenzione, problem solving), della capacità di apprendimento e della creatività. Anche la memoria risulta più sviluppata, grazie alla neurogenesi ippocampale (ovvero la generazione di nuovi neuroni), che rappresenta un processo fondamentale per il consolidamento della memoria e la creazione di nuovi ricordi. Infine, suonare uno strumento musicale fa parte di quei fattori (noti come “stile di vita”) in grado di ritardare la comparsa di demenza o Alzheimer, in quanto porta a un maggior sviluppo di sinapsi cerebrali e a migliori performance cognitive.

MUSICA E BENESSERE La musica può essere considerata quindi una vera e propria terapia, visto che l’attivazione di specifici circuiti neuronali va ad incidere sul benessere, mentale e fisico, dell’organismo.

Gli svariati studi clinici a riguardo hanno confermato nel tempo il miglioramento di sintomi e soprattutto, la qualità di vita in pazienti con patologie dolorose croniche, ipertensione, disturbi del sonno, depressione, schizofrenia, ansia, malattia di Alzheimer.

  • Nella schizofrenia, ad esempio, la musicoterapia sembra migliorare i sintomi negativi (apatia, anedonia, isolamento sociale, appiattimento emotivo) e il declino cognitivo di questi pazienti.

  • Nelle crisi epilettiche infantili grazie al cosiddetto “Effetto Mozart”: l’esposizione per 3 anni ad uno stimolo musicale (ad esempio la Sonata in D maggiore K.448 di W.A. Mozart) ha ridotto notevolmente le crisi epilettiche, nell’80% dei pazienti.

  • Prima di un intervento chirurgico, l’ascolto della musica ha degli effetti positivi, perché induce il rilassamento fisico e mentale, riduce la paura e soprattutto l’ansia, componente di grande importanza in questa fase (tanto da richiedere la somministrazione di ansiolitici) in quanto porta all’iperattivazione del sistema nervoso autonomo e al massiccio di rilascio delle catecolamine.

Il meccanismo alla base di questo fenomeno non è ancora chiaro, ma si ipotizza una sincronizzazione tra l’attività elettrica neuronale e il ritmo musicale.


CONCLUSIONE Come abbiamo visto, le applicazioni della musica (o della voce cantata) come strumento terapeutico sono molteplici ed erano già note dall’antichità: Platone sosteneva infatti che la musica migliorasse la calma e la serenità interiore, tanto che l’educazione musicale era indispensabile per maturare un carattere equilibrato. Il campo della musico-terapia è in continua espansione e, grazie alle evidenze scientifiche e biologiche degli ultimi anni, le sue applicazioni in Medicina andranno sempre più ad ampliarsi, integrandosi pienamente con le altre strategie terapeutiche, sia farmaceutiche che non. Ti invito a staccare tutto, a prenderti un attimo di relax e ad ascoltare il tuo brano preferito o a cantare: sperimentane i benefici!


A presto e...

...Buona Voce

Vocal Coach

Mariella Cesaroni


 

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